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Assegno divorzile
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Assegno divorzile

I presupposti dell’assegno divorzile: riaffermati i principi di Cass. n. 18278/2018

(Cass. n. 18278/2018 del 14 ottobre 2021)

Il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa (art. 5, comma 6, L. n. 898/1970), richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali rappresentano il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno.

Il giudizio deve essere espresso alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto.

Lo stabilisce la Cassazione civile, sez. VI, ordinanza 10 agosto 2021, n. 22602.

Facendo un rapido excursus in questa materia, occorre ricordare che con la sentenza n. 18287 dell’11 luglio 2018 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, hanno respinto l’impostazione della sentenza Grilli che limitava il ruolo dell’assegno divorzile alla funzione meramente assistenziale. Per il Supremo Consesso, l’assegno divorzile deve svolgere invece una composita funzione assistenziale, perequativa e compensativa, nel pieno rispetto degli artt. 2 e 29 della Costituzione, dai quali discende il principio di solidarietà post-coniugale. Mentre la sentenza Grilli poneva una netta linea di demarcazione fra la vita matrimoniale e scioglimento del matrimonio, le Sezioni Unite muovono invece dalla considerazione che i principi di autodeterminazione e di responsabilità sono alla base non solo della scelta matrimoniale, ma anche di tutta l’impostazione e la conduzione della vita durante il matrimonio, determinando una definizione dei ruoli tra i coniugi e fissando il contributo di ciascuno alla realizzazione della vita familiare.

Accanto quindi alla mera funzione assistenziale dunque, al momento del divorzio si pone anche la necessità di compensare e riequilibrare le posizioni dei coniugi, tenendo conto dell’apporto che ciascuno di loro ha dato allo svolgimento della vita matrimoniale.

Il comma 10 dell’art. 5 L. 898/1970 prevede che il diritto all’assegno divorzile cessi con il passaggio dell’avente diritto a nuove nozze.

Tuttavia la recente giurisprudenza ha ritenuto causa della perdita dell’assegno anche l’instaurarsi di una convivenza di fatto, purché di natura stabile e duratura.

Più recentemente (Cass. civ., Sez. I, Ordinanza, 17/12/2020, n. 28995) è stato rimesso alle Sezioni Unite della Cassazione di per stabilire se, instaurata la convivenza di fatto stabile e duratura, il diritto dell’ex coniuge, si estingua automaticamente, senza la necessità di un vaglio sulla persistenza delle finalità dell’assegno, o se invece, il Tribunale debba valutare la persistenza della funzione compensativa dell’assegno, in ragione del contributo dato dall’avente diritto al patrimonio della famiglia e dell’altro coniuge, anche eventualmente rimodulando l’importo dell’assegno in ragione del nuovo assetto familiare del richiedente.

 

Controversie sulle separazioni giudiziali come può supportare la figura dell’investigatore.

In una materia tanto articolata dove gli interessi economici tendono a prevalere sui sentimenti e anche sull’onestà intellettuale, rivolgersi ad una società specializzata può portare chiarezza ed evidenze utili a dirimere separazioni burrascose ed incagliate, sia nell’interesse della coppia e dei figli spesso oggetto del contendere.

L’assegno di mantenimento, addebitato al coniuge economicamente più abbiente in fase di separazione o divorzio, comporta una serie di complicanze e incertezze durante la sua fase di determinazione, in quanto risulta indispensabile per il giudice riconoscere con certezza le reali possibilità economiche del coniuge a cui dovrà essere attribuito l’assegno di mantenimento, al duplice fine di non gravare sulle sue condizioni economiche, e di permettere ai suoi familiari di portare avanti lo stesso tenore di vita effettivo all’interno del nucleo familiare prima della separazione.

Le attività investigative al fine di determinare l’assegno di mantenimento in sede giudiziaria permettono di:

  • documentare la reale condizione patrimoniale dell’ex coniuge, includendo nella sua definizione anche quei beni non riconducibili ufficialmente ad esso ma dei quali fa uso (case, terreni, autovetture);
  • verificare che il coniuge beneficiario non abbia instaurato una nuova convivenza o sia in procinto di farlo;
  • ricercare patrimoni occultati anche all’estero;
  • verificare l’effettiva posizione lavorativa dell’ex coniuge;
  • verificare la presenza di presunte attività lavorative non dichiarate ed occultate.

Come ben evidenziato dalle controversie sempre attuali in materia di assegni divorzili e più in generale sulla gestione degli aspetti economico-patrimoniali tra coniugi, soprattutto nei casi in cui la coppia non abbia figli, gli aspetti economici rappresentano quasi sempre accertamenti indispensabili alla tutela delle parti in conflitto.

Gli accertamenti ex post supportati da servizi investigativi mirati sono quindi una soluzione utilissima e dirimente, sebbene occorre dire, quanto potenzialmente sarebbero altrettanto utili accordi ex ante, i cd. patti prematrimoniali, che possano essere richiamati validi tra le parti anche in caso di conflitto, che ovviamente non è auspicabile o preventivabile all’inizio di una relazione di coppia, pregna di amore e cieli sereni, ma che “con il senno di poi” potrebbero rappresentare una via d’uscita da impasse spesso anche devastanti.

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